Un lungo e ben documentato articolo che smaschera la doppia funzione, “civile” e “militare” della grandi opere a partire da quella della costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina.

  1. INTRODUZIONE

Il Ponte sullo Stretto, la Tav, il Tunnel del Brennero (BBT)[1] sono opere di assoluta rilevanza strategica per gli USA, per l’UE e per il pur marginale, ma non per questo meno aggressivo, imperialismo italiano. Un recente decreto legge che promuove la realizzazione del Ponte di Messina, non solo attesta il nesso indissolubile tra tale opera e la mobilità militare, ma apre anche un’ennesima finestra che rende pienamente intelligibile l’analoga funzione economica e militare di grandi opere come la Tav e il BBT in corso di realizzazione. I movimenti No Tav, No BBT, No Ponte di Messina sono inquinati dalla rilevante presenza di posizioni miopi e minimaliste e non sono quindi reali movimenti capaci di evidenziare e affrontare gli effettivi nodi di fondo.

  1. IL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO DEL 31 MARZO 2023

Il disegno di legge del 31 marzo 2023, presentato da Meloni e Salvini e avente ad oggetto la Conversione in legge del decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, recante disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”, recita nella presentazione: “Onorevoli deputati. Il decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, recante disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, si inserisce nel contesto di una serie di iniziative legislative volte a consentire la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e delle connesse opere di adduzione del traffico ferroviario e stradale. L’opera di collegamento stabile fra la Sicilia e la Calabria rappresenta un’opera prioritaria e di preminente interesse nazionale. Essa è strategica per il completamento delle reti transeuropee di trasporto di cui al regolamento (CE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, nell’ambito del Corridoio scandinavo-mediterraneo. La sua realizzazione appare funzionale al processo di integrazione europeo sotto il profilo della libera circolazione dei cittadini e della politica comune dei trasporti (disciplinata all’articolo 4, paragrafo 2, lettera g), e nel titolo VI del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, articoli 90-100). Il Ponte sullo Stretto costituisce inoltre un’infrastruttura fondamentale rispetto alla mobilità militare, tenuto conto della presenza di importanti basi NATO nell’Italia meridionale” [2],[3].

La presentazione del disegno di legge è inconfutabilmente precisa e solo un’assoluta disonestà intellettuale e politica al servizio funzionale, direttamente o indirettamente, degli interessi del Grande Capitale Finanziario italiano e internazionale può negare o ignorare che il Ponte di Messina è: 1) parte integrante della costruzione e ultimazione prevista nei prossimi decenni della Rete dei Corridoi Trans-europei [4], 2) un’opera di rilevanza strategica per l’imperialismo italiano, per le diverse potenze imperialiste europee e per gli USA, 3) caratterizzato in modo rilevante e decisivo dalla sua corrispondenza alle esigenze di mobilità militare della Nato.

  1. IL PONTE DI MESSINA, ONERI PER LE MASSE POPOLARI E DEVASTAZIONE AMBIENTALE

Il Ponte di Messina comporterà (come il proseguimento e l’ultimazione dei lavori per la TAV, il BBT e altre grandi opere[5]) ulteriori enormi esborsi di denaro, formalmente pubblico, a favore dei Grandi Monopoli, delle Grandi imprese di costruzione, tra cui spiccano le Coop. di servizi emiliane, delle Rendite e delle associazioni mafiose, il tutto a danno della classe operaia e delle masse popolari del nostro paese, soggette ad un inaudito sfruttamento, ad una quasi assoluta precarizzazione e ad un crescente immiserimento.

Allo stato attuale, tra studi di fattibilità, appalti e penali, lo Stato (cioè i cittadini) ha già pagato 1,2 miliardi di euro. Per quanto attiene alla fattibilità, molte sono le criticità di seguito elencate: 1) il Ponte dovrebbe essere costruito in uno dei punti più sismici d’Europa; 2) le coste della Sicilia e della Calabria, a detta dei geologi, si allontanano ogni anno di 4-10 millimetri; 3) la costruzione dovrebbe essere realizzata dove i due punti dello Stretto sono più vicini, lontano quindi da Messina e Reggio Calabria, rendendo problematico il traffico e portando molti a continuare ad utilizzare i traghetti; 4) optando per la soluzione a tre campate per unire le due città, aumenterebbero  sensibilmente i problemi sismici, viste le caratteristiche geologiche dell’area; 5) la Società Stretto di Messina opererebbe per incrementare i costi per lo Stato (ad oggi si stimano 14 miliardi di euro per la costruzione), sfruttando contenziosi già aperti: il consorzio Eurolink ha chiesto danni per 700 milioni di euro e la stessa Società ha un contenzioso aperto con lo Stato di 325 milioni di euro per la revoca della concessione e dei lavori già eseguiti; 6) ci sarebbe un devastante impatto ambientale perché il Ponte passerebbe su una delle aree più ricche di biodiversità di tutto il Mediterraneo.

Il tutto andrebbe quindi a tradursi, oltre che in un’ulteriore devastazione ambientale con relative ripercussioni climatiche e conseguente accentuazione di oscillazioni critiche relative alle fasi di siccità o di piogge torrenziali, in un’inesauribile fonte di criticità, che obbligherebbero a continui esborsi di spesa pubblica.

Attorno all’edificazione del Ponte ruotano gli interessi dei grandi Monopoli a base nazionale e internazionale che, nella loro organica connessione con il complesso militare-industriale, spingono in direzione dell’accentuazione della guerra inter-imperialista in corso. Una grande opera, oggetto del desiderio di imprese, industrie e mafie in mano ai signori delle guerre del XXI secolo.

Questa opera faraonica sarà costruita  nel deserto delle due regioni e della sempre più profonda crisi egemonica di chi ci governa e delle sue pseudo opposizioni, ma incontrerà il discredito e l’opposizione da parte di tutti quei cittadini che emigrano per mancanza di lavoro nei propri territori, che muoiono per l’assenza di ospedali nella propria città (la cittadina di Palmi non ha un ospedale).

Le strutture sanitarie in Calabria sono inesistenti o inefficienti, le scuole non a norma, l’amministrazione pubblica irrimediabilmente corrotta. Il tutto gestito dai Monopoli e dalle Rendite derivanti dallo specifico sviluppo del semi-feudalesimo del Meridione, all’occorrenza tramite il loro braccio armato rappresentato dalla ndrangheta a cui, notoriamente, si lasciano anche opportuni affari come premio per i servizi resi.

Non molto diversa la situazione della Sicilia: in queste terre di antiche civiltà non si muove foglia senza che mafia e ndrangheta facciano valere il proprio potere di disciplinamento ai servizi del blocco economico dominante locale e, ovviamente, di riflesso, nazionale.

  1. MAGGIORE COINVOLGIMENTO NELLA GUERRA INTER-IMPERIALISTA E CRESCENTE FASCISTIZZAZIONE DELLO STATO

Il Ponte di Messina rappresenta, soprattutto, un ulteriore tassello della dipendenza politica e militare dagli USA e da paesi come la Germania che caratterizza, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, la situazione dell’Italia. Oggi questo significa che l’Italia, a partire da quel progressivo allargamento del conflitto inter-imperialista in atto in Ucraina, sarà sempre più un territorio di guerra tra le principali potenze imperialiste, con quello che ne conseguirà, anche in termini di esposizione, per la popolazione civile.  

Assistiamo ormai quotidianamente ad eventi che attestano l’accelerazione in atto relativa alla formazione, su scala mondiale, di due schieramenti imperialisti, che si confrontano sempre più direttamente in tutte le aree del mondo. Rientra in questa logica la lotta senza esclusione di colpi per assicurarsi delle basi di appoggio nei vari paesi oppressi caratterizzati da rapporti capitalistici arretrati, dal semi-colonialismo e dal semi-feudalesimo.

Una rete maggiormente connessa di basi militari NATO sempre più attive nel coinvolgimento nella guerra inter-imperialista, comporta inevitabilmente un territorio sempre più assoggettato alle logiche militari, ossia sempre più oppresso da un processo di fascistizzazione della società e dello Stato. In ultima analisi, la guerra inter-imperialista, per poter essere condotta, richiede un impoverimento crescente di parte rilevante della società, che non può non venire gestito se non da una crescente fascistizzazione. Così come in generale la diretta funzionalizzazione di interi territori (come ben attestato anche dal caso della Sardegna) alle logiche della guerra imperialista comporta un’inaudita compressione di tutte le libertà politiche, sociali e sindacali più elementari.

  1. CONTRO L’IMPERIALISMO E LA NATO PER L’INDIPENDENZA NAZIONALE

Tutta la storia del nostro paese è una dimostrazione del fatto che il capitalismo italiano si è sviluppato come un imperialismo marginale e che lo Stato italiano, sul terreno politico e quindi su quello della politica estera e, in generale, su quello militare, sia stato soggetto ad un’egemonia più o meno decisiva di altre potenze imperialiste. L’imperialismo italiano è certo un paese imperialista, prepotente ed aggressivo nelle sfere d’influenza che vengono lasciate libere per la sua iniziativa ma, appunto, in ultima analisi sono le principali potenze imperialiste che decidono e sanciscono i confini del suo operato e che in cambio stabiliscono gli oneri per tali privilegi. Il blocco dominante nel nostro paese ha quindi sempre svenduto, spesso in nome del più sfegatato e ripugnante nazionalismo, l’indipendenza nazionale alle potenze straniere.

Tutto questo si è dato con la Francia all’epoca dell’Unità d’Italia e sarebbe utile ricordare che lo stato autocratico piemontese, con il relativo codazzo dei cosiddetti liberali di Cavour, non avrebbe mai intrapreso la strada dell’Unità d’Italia se fosse stato costretto ad una vera guerra di popolo, effettivamente nazionale, per l’indipendenza. Indipendenza che, quindi, è venuta solo grazie al fatto che, avere un’Italia debole al posto di un’Austria forte e predominante era allora al centro degli interessi strategici francesi. Dopo si è assistito all’egemonia della Germania con le sue grandi banche e le sue grandi industrie. Il capitalismo e lo Stato italiano hanno però sempre avuto una particolare propensione al tradimento, e non solo all’ovvio continuo tradimento delle aspirazioni più elementari delle larghe masse popolari, ma anche a quello verso i propri alleati. Così con la prima guerra mondiale, nonostante le contraddizioni interne iniziali, l’Italia si è ritrovata a schierarsi contro la Germania per poi, pochi anni dopo la fine della prima guerra mondiale, ritornare sotto la sua assoluta e bestiale egemonia. Analogamente, la storia si è ripetuta con la seconda guerra mondiale, dove lo stesso fascismo, in seguito all’ordine del giorno Grandi, si è riposizionato in gran parte sotto la direzione delle forze anglo-americane. Questo mentre i ributtanti mussoliniani, insieme ai “fascisti sociali rivoluzionari”, operavano al servizio della controrivoluzione internazionale per combattere i partigiani e per cercare di affossare la prospettiva della rivoluzione democratico-popolare antifascista sulla via del socialismo. L’Italia quindi, dal punto di vista politico e militare, è ricaduta sotto l’egemonia USA a partire dagli anni immediatamente precedenti la fine della seconda guerra mondiale.

Nel 1949 l’Italia entra a fa parte della Nato nel quadro del Piano Marshall per la ricostruzione del paese post seconda guerra mondiale, che crea le condizioni per un rafforzamento dell’egemonia politico-militare da parte degli Usa sull’Italia.

La sovranità millantata dall’attuale governo neofascista non è mai esistita; ne è prova la partecipazione della Nato in molte delle stragi di Stato avvenute nel nostro Paese, di cui ancora oggi non è chiaro il ruolo dei servizi segreti italiani e stranieri, della P2, dell’estrema destra e della mafia. L’adesione alla Nato è una scelta che è stata fortemente ribadita da tutti i governi che si sono succeduti nel nostro paese, in nome di “un’improbabile” difesa da un’invasione dell’Unione Sovietica.

I fatti smentiscono questa falsa narrazione; la Nato non è nata a scopo difensivo; il suo vero intento era e resta un feroce anticomunismo e l’appropriazione, attraverso guerre violente e criminali, di Paesi di cui sfruttare le risorse e il valore geostrategico. È la storia che lo dimostra; basti ricordare gli attacchi pretestuosi di interi Stati (devastazione dell’Iraq, Iugoslavia, Afganistan, Libia, Ucraina, Siria). Cambiano i paesi, ma non il modello di aggressione. L’Italia, essendo al centro del Mediterraneo, ha sempre rappresentato il territorio geopolitico ideale da cui sferrare la guerra verso Paesi da depredare e sottomettere. Dobbiamo considerarci, come facenti parte dell’Alleanza Atlantica, complici e cobelligeranti degli Usa. Oggi il cerchio si chiude sempre a vantaggio degli USA e dei principali paesi europei che, anche attraverso la Nato, reclamano la realizzazione del Ponte sullo Stretto e il proseguo e l’ultimazione dei grandi Corridoi, che attraversano il nostro paese al servizio dell’espansionismo imperialista e guerrafondaio nei Balcani, nell’Europa Orientale, in direzione delle zone d’influenza e di confine dell’imperialismo russo e del socialimperialismo cinese.

Nello specifico, il Ponte sullo Stretto rappresenta l’asse di comunicazione fra le basi della Sicilia e quelle del Centro Italia, precisamente tra la base di Sigonella in Sicilia e Napoli, dove si trovano uno dei due comandi Nato e il comando statunitense Security force dei marines e delle forze aeree per il Mediterraneo. 

Sul nostro territorio sono presenti, secondo dichiarazioni ufficiali, 120 basi Nato e altre 20 basi segrete di cui non conosciamo la localizzazione. Questo non desta meraviglia, dal momento che l’ingerenza dell’intelligence americana nel corso della storia è stata presente non solo nella politica nostrana ma anche nei tristi eventi che hanno insanguinato il nostro Paese, con la stagione delle stragi del terrorismo neofascista.

Oggi il governo Benita Meloni, vinte le elezioni grazie alla legge antidemocratica del Rosatellum (ispiratore Renzi), mette in legge di bilancio il Ponte sullo Stretto, indicandolo come opera prioritaria per la creazione di un “asset fondamentale” per la mobilità militare Usa. Cade così la maschera della difesa della sovranità nazionale urlata a squarciagola dalla Presidente del Consiglio.

  1. IL PIANO DI LAVORO DELLA COMMISSIONE UE DEL 2022 CONSIDERA OPERE CIVILI-MILITARI IL PONTE DI MESSINA, LA TAV E IL TUNNEL DEL BRENNERO

Tra i vari “corridoi” del TEN-T, il Ponte sullo Stretto di Messina e il completamento del Tunnel del Brennero rientrano in quello “mediterraneo-scandinavo”, che rappresenta una ramificazione del corridoio mediterraneo che, per quanto riguarda l’Italia, comprenderà anche la TAV[6].

Il piano di lavoro presentato dalla coordinatrice Iveta Radičová [7], affrontando la questione del rapporto tra la guerra in Ucraina e i lavori per il completamento della Rete dei Corridoi Trans-europei, afferma: Il conflitto ha dimostrato la fragilità del sistema di trasporto e logistica. Dimostra anche l’importanza e la necessità dei corridoi di trasporto” La situazione attuale dimostra quanto sia essenziale una rete di infrastrutture di alta qualità per l’Europa, non solo per il suo mercato interno, ma per la coesione generale…il conflitto ha dimostrato la necessità di una maggiore connettività con l’Ucraina. Attualmente, il nostro Corridoio finisce in Ucraina e dovrebbe rimanere tale”.

Quest’affermazione evidenzia il ruolo attribuito alla Rete Trans-europea, nel quadro del rafforzamento della coesione e dell’iniziativa dello schieramento imperialista a guida USA, che si sta contrapponendo frontalmente all’imperialismo russo nella guerra in corso in Ucraina. La commissione UE afferma che la necessità della Rete Trans-europea è emersa con particolare evidenza nel corso stesso della guerra. Risulta palese come la commissione valuti tale necessità dal punto di vista della funzionalità e dell’adattamento della rete dei corridoi alle operazioni belliche.

Nel piano di lavoro si afferma, inoltre, rispetto al lato relativo alla funzione militare della Rete dei Corridoi: “Gli sforzi per affrontare la mobilità militare si basano sul Piano d’azione dell’UE sulla mobilità militare del 2018 che mirava a migliorare la mobilità militare in 3 aree chiave di azione: infrastrutture di trasporto, questioni normative e procedurali e altri temi trasversali”. Quest’affermazione smaschera la tesi secondo cui la funzione militare della Rete Trans-europea sia sopravenuta solo in seguito allo scoppio della guerra. Per quanto nel piano in questione si faccia riferimento al 2018, si può indubbiamente sostenere che tale funzione sia stata determinante nel disegno e nella pianificazione di tale Rete. Nel piano si evidenzia pienamente tale funzione: “L’analisi del gap effettuata nel 2019 dai servizi della Commissione e dal SEAE sottolinea le sinergie tra TEN-T e mobilità militare: il 93% della rete di trasporto militare fa parte anche della TEN-T; e gli standard delle infrastrutture di trasporto militare sono per lo più compatibili con le esigenze delle infrastrutture di trasporto civili. Grazie a queste sinergie tra le esigenze di trasporto civile e militare, le azioni volte a completare i corridoi TEN-T possono anche migliorare la mobilità militare”.

  1. IL COMUNICATO CONGIUNTO DEL MARZO 2022 TRA IL CONSIGLIO E IL PARLAMENTO EUROPEO: I CORRIDOI AL SERVIZIO DELLA GUERRA IMPERIALISTA

Ancora più esplicito è il comunicato del marzo 2022[8] che afferma: “La direttiva strategica per la sicurezza e la difesa, che il Consiglio europeo ha approvato nel marzo 2022, ha sottolineato che: L’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina ha confermato l’urgente necessità di migliorare sostanzialmente la mobilità militare delle nostre forze armate all’interno e all’esterno dell’Unione” …” “La mobilità militare è vitale per la nostra sicurezza e difesa europea. Le forze degli Stati membri dell’UE devono essere in grado di rispondere in modo rapido e con dimensioni sufficienti alle crisi che scoppiano alle frontiere esterne dell’UE e oltre. Inoltre, nel contesto dell’aggressione russa contro l’Ucraina, abbiamo imparato quanto sia importante spostare gli aiuti militari il più rapidamente e senza intoppi possibile”.

Nel comunicato congiunto si chiarisce ad ogni modo inequivocabilmente il “doppio uso” dei corridoi: La coerenza tra la rete militare dell’UE e le reti TEN-T è stata migliorata e sono stati proposti nuovi standard infrastrutturali che miglioreranno direttamente la mobilità militare in tutti i modi di trasporto”.  … “Per garantire la coerenza di queste azioni …è necessario un approccio strategico. L’approccio strategico di questo piano d’azione è incentrato sulla necessità di sviluppare una rete di mobilità militare ben collegata, costituita da: 1) corridoi di trasporto multimodale, compresi strade, ferrovie, rotte aeree e vie navigabili interne con infrastrutture di trasporto a doppio uso in grado di gestire trasporti militari; 2) nodi di trasporto e centri logistici che forniscono il necessario supporto e sostentamento alla nazione ospite e di transito per facilitare lo spiegamento di truppe e materiale; 3) norme, regolamenti, procedure e disposizioni amministrative armonizzate e digitalizzate;  maggiore sostenibilità, resilienza e preparazione degli sviluppi civili e militari e delle capacità logistiche”… “Al centro della mobilità militare c’è la necessità di potenziare l’infrastruttura di trasporto a doppio uso lungo la rete di mobilità militare – che comprende rotte di trasporto multimodali collegate da hub logistici – in modo che sia in grado di gestire potenzialmente pesanti e di grandi dimensioni trasporti militari a breve termine. Gli Stati membri dell’UE utilizzano in larga misura le stesse infrastrutture di trasporto per i movimenti e i trasporti sia civili che militari. Il rafforzamento delle infrastrutture di trasporto a doppio uso attraverso i trasporti transeuropei (TEN-T) comporta pertanto lo sviluppo di corridoi e nodi di trasporto multimodali. Di conseguenza, lo sviluppo di infrastrutture di trasporto a doppio uso attraverso il cofinanziamento da parte dello strumento di finanziamento Connecting Europe Facility (CEF) continua ad essere un pilastro essenziale di questo piano d’azione”…“Conformemente alle direttrici strategiche, l’UE continuerà a rafforzare le infrastrutture di trasporto a doppio uso attraverso la rete transeuropea dei trasporti al fine di promuovere la circolazione rapida e senza interruzioni del personale militare, materiale e attrezzature per dispiegamenti operativi ed esercitazioni, lavorando in stretta collaborazione con la NATO e altri partner”… “gli investimenti in infrastrutture di trasporto sulla rete transeuropea dei trasporti migliorano direttamente la mobilità militare. L’obiettivo è realizzare la rete centrale della rete transeuropea dei trasporti entro il 2030”.

Questo comunicato esplicita che nel rapporto tra civile e militare, che caratterizza la genesi e la natura della Rete dei Corridoi Trans-europei, è la sfera militare quella che si deve considerare prevalente: gli insegnamenti tratti dalla guerra russa in Ucraina dimostrano la limitata capacità del settore civile di soddisfare la domanda urgente e possibilmente su larga scala dei militari in tempi di crisi. Per superare il principio del “primo arrivato, primo servito”, è necessario adottare misure di emergenza per garantire che, quando viene riconosciuta una crisi di sicurezza a livello dell’UE, i militari possano disporre di un accesso prioritario alle infrastrutture di trasporto”

Il comunicato afferma la necessità di estendere la Rete TEN-T al servizio dello sviluppo della guerra inter-imperialista: “Il 14 dicembre 2021 la Commissione aveva proposto di rivedere il regolamento TEN-T del 2013. Ha proposto in particolare di estendere i corridoi della rete centrale ai partner dei Balcani occidentali. In sede di revisione del regolamento TEN-T, la Commissione ha incluso ulteriori strade e tratti ferroviari nella rete geografica esistente per ridurre le lacune rispetto alla rete militare. L’obiettivo era rafforzare le sinergie tra l’uso delle infrastrutture di trasporto esistenti da parte del settore civile e militare. Inoltre, la Commissione ha proposto di innalzare diversi standard tecnici per l’infrastruttura TEN-T. Ciò favorirà direttamente i movimenti di truppe militari e materiale, e quindi la mobilità militare all’interno e all’esterno dell’UE. Il 27 luglio 2022 la Commissione ha adottato una proposta TEN-T modificata per riflettere il nuovo contesto geopolitico a seguito della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Si propone di estendere quattro corridoi di trasporto europei all’Ucraina e alla Repubblica di Moldova per migliorare i collegamenti tra l’Unione e i paesi partner limitrofi. La proposta della Commissione affronta anche la questione dei diversi scartamenti ferroviari utilizzati in Ucraina, Moldova e in alcuni Stati membri (Stati baltici, Finlandia, penisola iberica), che ostacolano l’interoperabilità ferroviaria e, pertanto, la resilienza della rete” “Occorre pertanto aggiornare i requisiti militari all’interno e all’esterno dell’UE per consentire un ulteriore allineamento delle norme per la rete transeuropea dei trasporti e la rete di trasporto militare dell’UE. Nell’ambito di tale aggiornamento, il campo di applicazione dei requisiti militari dovrebbe essere ampliato per coprire un’infrastruttura della catena di approvvigionamento del carburante. Quando si muovono forze su larga scala su una lunga distanza in tempi di crisi, è essenziale disporre di un rifornimento sicuro di carburante lungo il percorso. Inoltre, con il progredire della transizione all’energia pulita, vi è un interesse geostrategico a garantire che le forze su larga scala siano meno dipendenti dai combustibili fossili. Inoltre, i requisiti militari dovrebbero riguardare anche le infrastrutture e i sistemi per un accesso effettivo allo spazio aereo e l’uso dei sistemi di navigazione aerea. Un ulteriore aumento della capacità delle TEN-T richiede anche di esplorare i collegamenti con lo sviluppo di hub logistici”.

  1. L’OPPOSIZIONE ALLE GRANDI OPERE DELLA RETE TEN-T DEVE DIVENTARE UN’ARTICOLAZIONE DELLA LOTTA CONTRO LA GUERRA E IL FASCISMO

Le varie citazioni presenti in questo scritto attestano indiscutibilmente il carattere miope e riduttivo dei movimenti, delle forze (comprese alcune organizzazioni sindacali alternative), delle associazioni e delle aree (tra cui la maggior parte di quelle anarchiche) che riducono il tema delle grandi opere al problema della lotta contro gli sprechi di risorse economiche o alla devastazione ambientale e climatica. Non che tali aspetti non debbano essere adeguatamente considerati, ma il punto è che si concentra la denuncia, l’iniziativa e la mobilitazione su questo tipo di questioni con il preciso intento, per così dire, tattico di coinvolgere più “gente” e con l’esito, a volte paradossale, di aprire le porte anche a forze no vax e ad associazioni neofasciste che si camuffano come “ambientaliste”. Tutto questo comporta che al posto di reali movimenti di lotta troviamo un confuso e ambiguo movimentismo che trapassa nel riformismo o in forme di lotta che amano presentarsi come radicali, mentre in realtà risultano del tutto inconcludenti. La realtà che invece emerge dai materiali documentali variamente citati in questo opuscolo è quella del nesso strutturale tra grandi opere ed espansione economica e militare imperialista. La guerra inter-imperialista in corso è anche l’esito, per quanto attiene al fronte della NATO e dell’UE, di una politica come quella dell’approntamento della Rete TEN-T. Non si può tacere però come tutto questo, per quanto riguarda l’Italia, sia stato sino ad oggi perseguito dal blocco economico e politico dominante, dallo Stato, e da tutti i governi e i principali partiti di potere e dagli stessi sindacati confederali.

I caratteri dell’Italia, di un paese imperialista tanto aggressivo e guerrafondaio quanto relegato ad una posizione marginale nell’ambito economico e politico internazionale, trovano piena conferma in tutta la vicenda relativa al rapporto tra le grandi opere e le imprese di guerra. Con in più il fatto che gli enormi costi delle grandi opere si sommano alle sempre più elevate spese militari e alla devastante crisi economica che attraversa il nostro paese, con pesantissime conseguenze per la classe operaia e le masse popolari in termini di sfruttamento, precarizzazione selvaggia, disoccupazione, immiserimento diffuso, distruzione dei servizi sociali pubblici e aumenti delle tasse e dei prezzi.

Collegare la lotta contro le grandi opere alla lotta contro la guerra e alla fascistizzazione dello Stato è quindi un aspetto centrale della battaglia per l’apertura di una prospettiva sociale e politica alternativa, capace di affermare, nella creazione delle condizioni per una Nuova Resistenza, gli embrioni di un nuovo Stato democratico-popolare e antifascista sulla via del socialismo. Pensare di poter ottenere l’indipendenza nazionale senza risolvere questi nodi di fondo significa ignorare o occultare consapevolmente l’intera storia politica, economica e militare del nostro paese.

A tale scopo è necessario ripulire i movimenti contro le grandi opere da tutte quelle forze politiche, sociali e sindacali oggi egemoni al loro interno, che oscurano e occultano la questione della funzionalità di tali opere alla guerra inter-imperialista.

È necessario costruire un fronte popolare che unisca le forze effettivamente comuniste con quelle realmente democratiche e antifasciste per la cacciata della Nato dalla nostra penisola, per la creazione di una repubblica veramente popolare e democratica, basata anche su quelle parti della Costituzione sino ad oggi relegate ad una funzione formale e di copertura dell’effettiva natura reazionaria e sempre più fascista dell’attuale macchina statale egemonica e politico-militare.  Il ricordo del sangue dei partigiani che combatterono per un’Italia libera e non sottomessa al fascismo, alla reazione e ad alcun potere straniero, deve rischiarare questo cammino.

[1] “La Galleria di Base del Brennero è la parte centrale del corridoio Scandinavo-Mediterraneo da Helsinki (Finlandia) a La Valletta (sull’isola di Malta). L’Unione europea promuove il potenziamento di questo corridoio transnazionale multimodale e ritiene che tali interventi siano prioritari. La Galleria di Base del Brennero è di particolare importanza, in qualità di progetto transfrontaliero tra Austria e Italia”. https://www.bbt-se.com/tunnel/europaeische-dimension/

[2] http://documenti.camera.it/leg19/pdl/pdf/leg.19.pdl.camera.1067.19PDL0031640.pdf

[3] Nella versione riportata dalla Gazzetta ufficiale 31/03/2023 la presentazione ha assunto una forma più sintetica ed implicita: “…Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di pervenire in tempi rapidi alla realizzazione del collegamento stabile, viario e ferroviario, tra la Sicilia e la Calabria, denominato «Ponte sullo Stretto di Messina», al fine di contribuire alla programmazione europea dei corridoi plurimodali, integrando la rete europea dei trasporti e della logistica e promuovendo gli obiettivi di coesione e sviluppo; Considerata, altresì, la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni volte a favorire la crescita e lo sviluppo e a dare impulso al sistema produttivo del Paese, mediante l’adozione di misure volte a stabilire un per- corso accelerato per la realizzazione dell’intervento infrastrutturale sullo Stretto di Messina, ritenuto prioritario e di rilevanza strategica…”

[4] All’interno delle reti trans-europee (TEN-T), il completamento della Core Network (rete centrale) è programmato per il 2030 e per sostenerne la realizzazione coordinata tra i diversi Stati la UE ha identificato nove “Corridoi”. Le reti TEN-T sono un insieme di infrastrutture lineari (ferroviarie, stradali e fluviali) e puntuali (nodi urbani, porti, interporti e aeroporti) considerate rilevanti a livello comunitario come rete di nodi costituita dai nodi urbani a maggiore densità abitativa. Oggi la priorità a livello europeo è quella di assicurare la continuità dei Corridoi, realizzando i collegamenti mancanti, assicurando collegamenti tra le differenti modalità di trasporto, eliminando i colli di bottiglia esistenti. Quattro dei nove Corridoi TEN-T interessano l’Italia: il Corridoio Mediterraneo attraversa il Nord Italia da Ovest ad Est, congiungendo Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Bologna e Ravenna; il Corridoio Reno Alpi passa per i valichi di Domodossola e Chiasso e giunge al porto di Genova; il Corridoio Baltico Adriatico; il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo.

[5] Per es. tra le tante, il Passante di Mestre e la circonvallazione interrata di Trento, parte integrante della Galleria di Base del Brennero in costruzione, finalizzata al potenziamento del Core Corridor europeo TEN-T Scandinavo-Mediterraneo.

[6] Il corridoio mediterraneo è uno dei corridoi della rete centrale TEN-T (CNC) …che collega i porti della regione mediterranea sud-occidentale al centro dell’UE, seguendo le coste della Spagna, della Francia e attraversando le Alpi verso est. Attraversa l’Italia settentrionale e prosegue verso est, attraverso la Slovenia, la Croazia e l’Ungheria fino al confine ucraino. Diversi segmenti del Corridoio MED si sovrappongono ad altri CNC, tra cui l’Atlantico, il Mare del Nord – Mediterraneo, Reno – Danubio, Reno – Alpino, Oriente/Est – Mediterraneo, Mediterraneo-Scandinavo e Baltico-Adriatico corridoi, rendendolo uno dei più interconnessi in Europa”. (vedi nota n.7).

[7] https://transport.ec.europa.eu/system/files/2022-10/5th_workplan_med.pdf

https://transport.ec.europa.eu/transport-themes/infrastructure-and-investment/trans-european-transport-network-ten-t/mediterranean-corridor_en

[8] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX%3A52022JC0048