Questo mese, un’ondata di proteste senza precedenti ha investito gli Stati Uniti, scatenata da una serie di operazioni di deportazione forzata condotte dall’ICE in diversi centri urbani, con epicentro a Los Angeles. La repressione brutale orchestrata dal governo Trump ha innescato una mobilitazione generalizzata, che ha visto scendere in piazza immigrati, giovani proletari, attivisti antifascisti e organizzazioni dei quartieri.

Queste sollevazioni si inseriscono in una crisi egemonica profonda che scuote il cuore dell’imperialismo statunitense. Il federalismo stesso, pilastro politico, ideologico e amministrativo del dominio borghese negli USA, mostra segni evidenti di decomposizione. Il tessuto politico-istituzionale si disgrega sotto il peso di interessi frammentati, disuguaglianze regionali e conflitti tra livelli di governo, mentre le contraddizioni economiche di fondo continuano ad accumularsi, generando stagnazione, precarizzazione e aumento della rivolta sociale.

Nel quadro dell’attuale fase imperialista, è ormai impossibile cercare di affrontare tali contraddizioni senza il ricorso a forme sempre più dispiegate e sistematiche di fascismo. La borghesia americana, per mantenere il suo dominio, accelera la trasformazione autoritaria dello Stato, militarizza la società e criminalizza ogni forma di dissenso. Questo processo non è il frutto di una “deviazione” o di un’eccezione trumpiana: è la risposta necessaria dell’imperialismo nella sua fase di crisi terminale.

Non mancano, in questo contesto, elementi opportunisti che tentano di strumentalizzare le rivolte per reintegrarle nel sistema, offrendo soluzioni riformiste o elettoraliste. Tuttavia, alcune questioni sono ormai irreversibili: molti membri delle masse popolari non credono più nella possibilità di riformare il sistema dall’interno. Il margine di recupero ideologico si è ristretto drammaticamente. Il Partito Democratico non è più in grado di svolgere pienamente la sua funzione di valvola di sfogo; l’apparato sindacale è sempre più screditato e le ONG non riescono a contenere la radicalizzazione.

In questo scenario, è essenziale valutare se e come le rivolte generalizzate che attraversano il paese possano essere inquadrate nel contesto più ampio della tendenza alla rivoluzione proletaria mondiale. Quello che è certo è cha la spontaneità delle masse, da sola, non può modificare la situazione. Senza una direzione politica rivoluzionaria, le sollevazioni restano vulnerabili e soggette alla repressione o alla cooptazione. Solo lo sviluppo del Partito  Maoista, in formazione anche negli USA, potrà, fondendosi con le ribellioni ed i movimenti di massa, trasformare l’attuale crisi in proceesso rivoluzionario.

PER LA DEMOCRAZIA POPOLARE