Traduzione non ufficiale da The Worker*
Lo Stato francese ha annunciato alla fine di luglio che riconoscerà lo Stato della Palestina all’imminente Assemblea Generale delle Nazioni Unite di settembre, e il primo ministro britannico Keir Starmer si è impegnato a fare lo stesso all’assemblea di settembre con la vile avvertenza: “a meno che il governo israeliano non compia passi sostanziali per porre fine alla terribile situazione di Gaza, accetti un cessate il fuoco e s’impegni per una pace sostenibile e a lungo termine che rilanci il processo della soluzione dei due Stati”. A loro si sono aggiunti in seguito il Canada e più recentemente l’Australia, per formare un’ondata di potenze imperialiste che si impegnano a riconoscere uno Stato palestinese il mese prossimo.
Questo fa seguito alla cosiddetta “Dichiarazione di New York” del 30 luglio, in cui la Lega Araba e l’Unione Europea hanno chiesto la resurrezione della defunta “soluzione dei due Stati”, hanno condannato la gloriosa operazione Al-Aqsa Flood da parte della resistenza palestinese e hanno invitato quest’ultima a disarmarsi prima della formazione di uno Stato smilitarizzato sotto l’Autorità Palestinese (AP) collaborazionista. A dimostrazione delle loro intenzioni di formare uno Stato palestinese debole e sottomesso, il progetto del documento per questo futuro Stato non menziona il diritto al ritorno per i milioni di rifugiati palestinesi. Inoltre, la soluzione dei due Stati prevede uno Stato palestinese disarmato con un territorio frammentato, una serie di isole circondate dall’entità sionista genocida, che si appropria continuamente del territorio in Cisgiordania – che insieme a Gaza formerebbe questo immaginario Stato palestinese.
In questo contesto, il movimento di solidarietà non dovrebbe farsi ingannare pensando che alcuni imperialisti siano diventati colombe amanti della pace, ma dovrebbe invece vedere i proclami come una manovra di queste potenze imperialiste per assicurarsi una posizione favorevole in Medio Oriente in mezzo a una serie di sconfitte imperialiste per mano della lotta di liberazione nazionale palestinese e della resistenza dei popoli nella regione.
Le promesse di sostenere la formazione di uno Stato palestinese sono sostenute dagli imperialisti non come una punizione di Israele per il suo genocidio, ma come una ricompensa: offrono a Israele un’uscita di sicurezza: rallentare il genocidio e gli imperialisti interverranno per gestire “pacificamente” la resistenza.
In questo contesto, le fazioni della resistenza palestinese hanno rilasciato una dichiarazione congiunta il 31 luglio, affermando che la Dichiarazione di New York è un segno che la resistenza e la fermezza del popolo palestinese stanno contrastando il genocidio sionista, insieme alla crescita della solidarietà internazionale con la causa palestinese. Continuano affermando che la questione del diritto del popolo palestinese alla liberazione nazionale non può essere considerata come merce di scambio – come fa esplicitamente Starmer – che la resistenza si rifiuta di disarmare e che il primo passo verso uno Stato palestinese è fermare il genocidio sionista, completare gli scambi dei prigionieri e la ricostruzione di Gaza. Contro i piani degli imperialisti, essi propongono che a governare sia un’Organizzazione per la Liberazione della Palestina riformata e rappresentativa di tutte le fazioni politiche palestinesi, mentre condannano “l’idea di integrare l’entità sionista nella regione… [come] una ricompensa al nemico per i suoi crimini e un disperato tentativo di prolungare la sua esistenza sulla nostra terra rubata”.
Lo stato palestinese è ritornato all’ordine del giorno non per via delle dichiarazioni tardive di questi imperialisti, ma per le armi della resistenza del 7 ottobre e da allora, e per la lotta risoluta del popolo palestinese e del movimento di solidarietà in tutto il mondo.
Le potenze imperialiste mirano a superare l’imperialismo statunitense. Le potenze imperialiste che s’impegnano a sostenere la formazione di questo Stato smilitarizzato, gestito dalla servile AP, stanno manovrando in uno spazio che si è aperto col continuo fallimento del genocidio statunitense-sionista, compresa la distruzione degli Accordi di Abramo – la “normalizzazione” degli Stati arabi con Israele sotto il controllo degli USA. Cercano di sfruttare i fallimenti dell’imperialismo statunitense, l’unica superpotenza imperialista egemone nel mondo di oggi, per ottenere una posizione più favorevole in Medio Oriente “il giorno dopo”, attraverso i negoziati. Temono cioè che la resistenza ottenga altre vittorie contro il sionismo e che la lotta di liberazione nazionale si sviluppi e si diffonda in tutta la regione.
Gli imperialisti hanno visto che l’aggressione statunitense-sionista contro l’Iran nella “guerra dei 12 giorni” è fallita nonostante le vuote vanterie degli Stati Uniti e che Hezbollah in Libano sta recuperando le forze dopo la vittoria sull’invasione di Israele del 2024. Le masse yemenite rimangono fermi difensori del popolo palestinese e la prevista invasione lampo di Israele e la sua conquista di tutta Gaza è già stata ridimensionata a un’invasione pianificata della città di Gaza – e i sionisti stanno registrando problemi a radunare abbastanza truppe per iniziare anche questa invasione più piccola. Inoltre, l’indignazione internazionale sta crescendo di fronte alle immagini quotidiane della fame di massa del popolo palestinese a Gaza e ai massacri quotidiani contro le persone che cercano aiuto nei siti di distribuzione della trappola mortale USA-Israele.
Non va dimenticato il colpo diplomatico dei social-imperialisti cinesi con gli accordi di mediazione del luglio 2024 tra le fazioni palestinesi, né l’accaparramento delle esportazioni di prodotti agroalimentari dalla regione, e i recenti ingenti investimenti in megaprogetti nel Grande Medio Oriente, tra cui la prevista ferrovia trans-afghana. Tutto ciò rende senza dubbio nervosi i rivali imperialisti della Cina, che sperano in un rapido ritorno agli Accordi di Abraham sotto il dominio degli Stati Uniti, da parte degli imperialisti americani, o nello sviluppo di un nuovo processo, come indicato dalla “Dichiarazione di New York”.
Le dichiarazioni sono rilevanti anche per le mosse degli imperialisti statunitensi che fanno pressione sul governo libanese per disarmare Hezbollah: finora il governo ha concordato di disarmare Hezbollah, ma resta da vedere se è in grado di ottenere ciò che l’invasione sionista del 2024 non è riuscita a fare. Hezbollah, per quanto la riguarda, si rifiuta di disarmare e definisce la mossa un regalo agli imperialisti e un colpo alla sovranità libanese. Gli Stati Uniti stanno facendo anche pressione sul governo iracheno affinché disarmi e sciolga le massicce Unità di Mobilitazione Popolare, che dal 7 ottobre hanno partecipato ad attacchi con i droni contro l’entità sionista.
Gli imperialisti, dietro la Dichiarazione di New York e la campagna dei due Stati, stanno cercando di non essere da meno in questa ondata di negoziati e prepotenze statunitensi. Vedono la posizione degli Stati Uniti indebolirsi in Medio Oriente e vogliono assicurarsi una posizione più favorevole mentre l’unica superpotenza egemonica affonda nel pantano della resistenza popolare.
Anche questo complotto imperialista fallirà. Questa è la prospettiva strategica delle dichiarazioni e dei tentativi di disarmare i gruppi di resistenza nella regione: gli imperialisti di tutto il mondo stanno annegando e si aggrappano a un ramo d’albero tra le rapide.
Come proclama la dichiarazione congiunta delle fazioni della resistenza del 31 luglio: “In conclusione, il nostro popolo palestinese, come gli altri popoli del mondo caduti sotto il giogo dell’occupazione e del colonialismo, raggiungerà la libertà e l’indipendenza, non importa quanto tempo ci vorrà e quanto grandi saranno le sfide, basate sulla giustizia della sua causa, sulla fermezza e sulla resistenza dei suoi figli e sul sostegno di tutti i popoli liberi del mondo nella loro legittima lotta per la liberazione, il ritorno e l’indipendenza”.